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In breve alcune FAQ sull'argomento CINGHIALE e sulla sua gestione in Campania, tese a fare maggior chiarezza e contestualmente dare alcune
delucidazioni su quanto fino ad oggi proposto e realizzato per una delle specie faunistiche più "difficili".
A cura di:
- Regione Campania UOD Ufficio Centrale Foreste e Caccia
- Regione Campania UOD Prevenzione e Sanità pubblica veterinaria
- C.R.I.U.V. - Centro di Riferimento Regionale per l'Igiene Urbana Veterinaria per lo scopo in rappresentanza di:
- Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali - Università di Napoli Federico II
- I.Z.S.M. - Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno.
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1 Perché il cinghiale è diventato un problema in Campania?
Il cinghiale è una specie capace di adattarsi ad ogni condizione ambientale che
assicuri cibo, acqua ed un minimo di protezione tanto da farne l’ungulato selvatico
più diffuso al mondo. È considerata una delle 100 peggiori specie invasive a livello
mondiale. Solo negli Stati Uniti d’America i danni causati da cinghiali, ibridi o maiali
selvatici superano il miliardo di euro. L’aumento della specie in Italia a partire dagli
anni ’60 è frutto di notevoli cambiamenti ambientali che hanno visto l’aumento della
superficie boscata, la diminuzione delle aree agricole utilizzate e, lo sviluppo di
un’importate rete di aree protette insieme ad una maggiore regolamentazione del
prelievo. Il processo di espansione è stato accelerato da ripopolamenti a scopo
venatorio operati fino agli inizi del secolo, che hanno fatto letteralmente
“esplodere” numericamente le popolazioni di cinghiale dalle Alpi alla Calabria e nelle
tre isole principali.
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2 - Chi ha portato il cinghiale in Campania? È vero che i cinghiali sono stati introdotti
dai Paesi dell’Est ed hanno fatto estinguere il cinghiale autoctono italiano il
cosiddetto cinghiale maremmano?
La specie è sempre stata presente nella regione fin dall’antichità come indicano
reperti storici come quelli trovati nelle Grotte di Pertosa (SA) risalenti a prima
dell’Età del Bronzo. Le Tenute reali di Persano o di Carditello ben testimoniano la
presenza e l’interesse dei Borboni, in particolare Ferdinando II, per il cinghiale a
cavallo tra il ‘700 e ‘800 del secolo scorso. In Campania il ripopolamento del cinghiale
è proibito da oltre 10 anni. La diffusa convinzione che le ripetute introduzioni di
cinghiali provenienti dai paesi centro europei e balcanici abbiano causato la
scomparsa del cinghiale originario “italiano” o “maremmano” non trova conferma
negli studi di genetica più recenti. I risultati delle ricerche dimostrano che il cinghiale
nostrano presente oggi in Italia, conserva ancora una buona porzione del patrimonio
genetico originario, sebbene i segni dell’incrocio con cinghiali di provenienza estera
emergano in diverse aree del Paese. Le ricerche, inoltre, se da un lato confermano il
netto differenziamento della popolazione sarda, dall’altro pongono seri dubbi circa
l’esistenza del cosiddetto "cinghiale maremmano", le cui rinomate piccole
dimensioni e limitata capacità riproduttiva si potrebbero ricondurre alle condizioni
climatiche e ambientali tipiche della maremma toscana e laziale in cui la specie era
sopravvissuta all’inizio del XX secolo. (Associazione Teriologica Italiana Group for
Large Mammal Conservation and Management).
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3 - Quanti cinghiali sono presenti in Campania? Esistono censimenti svolti nel territorio regionale?
Grazie all’elaborazione dello sforzo di caccia, dei dati degli abbattimenti e a verifiche
campione, si ipotizza in tutta la regione una popolazione di cinghiale compresa tra
60.000 – 80.000 capi. Visto lo status del cinghiale in tutto il territorio regionale
conoscere nel dettaglio se in Campania siano presenti 80, 100.000 o 200.00 capi non
aggiungerebbe informazioni preziose sulla gestione della specie, anche perché non
parliamo di una specie minacciata dal punto di vista conservazionistico. Piuttosto
servirebbe avere maggiori informazioni sugli spostamenti, sull’uso dell’habitat, sulla
produttività e sulla dinamica di popolazione visto anche che le maggiori
problematiche sono legate a concentrazioni locali soprattutto in alcuni periodi
dell’anno. Non esistono dati aggiornati sul numero complessivo di cinghiali presenti
in Italia.
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4 - Quante volte partorisce il cinghiale in un anno?
Tutto il ciclo riproduttivo del cinghiale è condizionato dalla disponibilità alimentare,
delle condizioni climatiche, dall’altitudine e dalla struttura di popolazione. I parti
possono essere distribuiti quasi tutto l’anno con un picco delle nascite tra aprile e
maggio ed eventualmente un secondo picco a cavallo tra l’estate e l’autunno. Ogni
femmina partorisce una volta l’anno, ma per diversi motivi: peso, età, condizione
fisica e alimentare i parti possono essere scaglionati durante tutto l’arco dell’anno.
In media le femmine, in funzione dell’età e della disponibilità alimentare,
partoriscono tra 4-6 piccoli con punte fino a 10-12. I dati degli ultimi quattro anni
analizzati in Campania sono assolutamente in linea con le medie italiane
assestandosi tra 4,58 e 6,1 piccoli per femmina, sebbene siano state rilevate
femmine con anche 8-10 piccoli.
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5 - Quali sono i danni provocati dal cinghiale?
Il cinghiale se presente a densità eccessive ha un impatto negativo sulla vegetazione:
consumo diretto di piante, radici, frutti, sulla riduzione della biomassa,
danneggiamenti da rooting (scavo), alterazione del suolo; sulle specie animali:
predatore di piccoli mammiferi, rettili, anfibi, predazione di nidi con uova o pulcini,
competitore con altre specie e sulle attività antropiche: danni alle coltivazioni,
sinistri stradali.
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6 - A quanto ammontano i danni da cinghiale in Campania?
Va fatta una precisazione tra indennizzi richiesti e somme accertate. Le richieste
degli ultimi sette anni sono state in media di 1.129.000 € ogni anno. In fase di
accertamento e liquidazione le cifre diminuiscono a seconda delle province e degli
anni fino al 60-65%.
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7 - La Regione indennizza i danni da cinghiale? Ed i Parchi?
Si, per far fronte ai danni non altrimenti risarcibili arrecati alla produzione agricola e
alle opere approntate sui terreni coltivati e a pascolo dalla fauna selvatica, in
particolare da quella protetta, e dall'attività venatoria, è costituito a cura di ogni
regione un fondo destinato alla prevenzione e ai risarcimenti, al quale affluisce
anche una percentuale dei proventi delle tasse di concessione regionale (L.N.
157/92) versate annualmente dai cacciatori. Per le specie non protette la normativa
europea considera gli importi per la prevenzione o per gli indennizzi dei danni da
fauna selvatica come aiuti di stato pertanto rientrano in Regime de minimis e la cifra
non può essere superiore a 25.000€ nell’arco dell’ultimo triennio finanziario.
Anche nelle aree protette regionali i danni sono indennizzati dalla Regione Campania
di concerto con l’Ente gestore.
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8 - Non basta il lupo per controllare il cinghiale?
Il lupo in Italia è aumentato di pari passo con la crescita delle popolazioni di ungulati
in particolare il cinghiale ed il capriolo. Dagli studi sull’analisi della dieta del lupo
emerge una maggiore predazione a carico delle classi piccole o giovanili del
cinghiale, cioè capi fino a 30-35 kg di peso. E nonostante il cinghiale costituisca fino
ed oltre l’80% della dieta di questo grande predatore, recenti studi condotti in
Appennino settentrionale evidenziano come l’incidenza del prelievo venatorio
rimanga molto più alta rispetto a quella operata dal lupo che rappresenta circa il
10% della popolazione post nascita di cinghiale. I dati europei stimano la predazione
del lupo tra il 4 ed il 45% delle popolazioni, per lo più a carico di quelle classi che
nell’immediato poco incidono sull’aumento di popolazione.
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9 - A chi spetta l’organizzazione della caccia al cinghiale?
La gestione dei cacciatori e l’organizzazione del prelievo spettano ai Servizi
Territoriali Provinciali (STP) e ai sei Ambiti Territoriali di Caccia (ATC) della regione
Campania, tutti a carattere provinciale ad eccezione della provincia di Salerno dove
sono presenti due ATC: uno nella parte settentrionale ed un secondo nelle aree
contigue al Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni.
Gli ATC possono differenziare il prelievo venatorio in braccata, girata e selezione e
regolamentandone la distribuzione sul territorio e l’accesso.
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10 - Quanti cacciatori di cinghiale ci sono in Campania?
Nel 2020 i cacciatori in Campania erano 41.420 dei quali 8.629 iscritti ad una delle
310 squadre di caccia al cinghiale.
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11 - Qual è il periodo di caccia del cinghiale in Campania?
L’attività venatoria in Italia è disciplinata dalla Legge n. 157/92 che fissa specie,
tempi, mezzi e modalità del prelievo. Il cinghiale è cacciabile in due finestre
temporali dal 1° ottobre al 31 dicembre oppure dal 1° novembre al 31 gennaio. le
Regioni possono, sulla base di adeguati piani di abbattimento selettivi, distinti per
sesso e classi di età, regolamentare il prelievo di selezione degli ungulati
appartenenti alle specie cacciabili anche al di fuori dei periodi e degli orari sopra
indicati.
In regione Campania storicamente il periodo di prelievo in braccata (battuta) è stato
sempre dal 1° ottobre al 31 dicembre.
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12 - Come si caccia il cinghiale?
In Italia il cinghiale viene cacciato per lo più in tre modalità diverse: braccata, girata
e selezione. Le prime due sono cacce collettive, l’ultima si pratica in forma singola.
Braccata: un gruppo di cacciatori (squadra) che circonda una porzione di bosco di
dimensione variabile da decine e centinaia di ettari. I canai guidano un gruppo di
cani che hanno la funzione di spingere i cinghiali verso i cacciatori appostati intorno
al perimetro (poste). La braccata viene spesso confusa con la battuta dove però non
si usano i cani.
Girata: un gruppo ristretto di cacciatori in genere da 4 a 7 con l’ausilio di un cane
tenuto a guinzaglio (limiere) circoscrivono un’area dove in fase di tracciatura sono
stati individuati dei cinghiali.
Caccia di Selezione o prelievo selettivo: un singolo cacciatore appostato in un punto
preciso, caccia uno o più cinghiali secondo un preciso piano di abbattimento. Per
questa caccia è obbligatorio il fucile a canna rigata dotato di ottica di puntamento.
Il controllo selettivo si pratica con le medesime modalità. I cacciatori di selezione
devono aver frequentato un corso di specializzazione con esame finale sulla biologia
ed ecologia del cinghiale, sull’uso delle armi e sulla normativa.
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13 - Quanti cinghiali vengono abbattuti ogni anno in Campania?
Nelle ultime quattro stagioni venatorie in media sono stati abbattuti tra i 9.000 ed i
10.000 cinghiali esclusivamente in braccata.
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14 - Quali le differenze tra caccia e controllo?
Esistono profonde differenze tra caccia e controllo e purtroppo, spesso le due
attività sono confuse tra di loro anche per l’uso del termine selecontrollo cioè
controllo selettivo.
La caccia costituisce un uso della risorsa fauna selvatica da parte dei cacciatori ai
quali viene dato in concessione la possibilità di usufruirne secondo regole precise
per specie, tempi e mezzi.
Il controllo invece è un’azione per lo più straordinaria per eliminare o ridurre
l’impatto negativo generato da una specie su attività economiche primarie
(agricoltura, zootecnica, forestazione), sicurezza pubblica (aeroporti, strade,
arginature dei corsi d’acqua) o sulle condizioni sanitarie delle popolazioni umane o
degli animali domestici (ISPRA - Toso, 2004). Il controllo può essere messo in atto
con catture o con abbattimenti da personale adeguatamente formato con tempi e
modalità anche molto diverse dalla normativa sulla caccia.
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15 - Cos’è la caccia di selezione?
La caccia di selezione è una forma di prelievo basata su piani annuali di prelievo
basati sulle consistenze delle popolazioni e approvati dall’ISPRA. L’obiettivo è la
conservazione delle popolazioni gestite a densità ottimane applicando un prelievo
sostenibile con il prelievo che si affianca alla mortalità naturale e incide in maniera
proporzionale all’incremento utile annuo. La caccia di selezione può essere praticata
da cacciatori che abbiano frequentato un apposito corso di abilitazione con esame
finale scritto, orale e pratico secondo un programma definito dalla Regione
Campania e approvato dall’ISPRA. È una forma di caccia che si pratica in solitaria,
all’aspetto da punti fissi ed è obbligatorio il fucile ad arma rigata con ottica di
puntamento. Viene considerata la forma di prelievo meno impattante sulle altre
specie.
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16 - Perché non sterilizzare i cinghiali?
Allo stato attuale delle conoscenze scientifiche la sterilizzazione non appare in grado
di risolvere la problematica cinghiale da sola. I risultati ottenuti in via sperimentale
dimostrano che la sterilizzazione non può sostituire la rimozione, se applicata in
maniera estensiva concorrerebbe insieme al prelievo, ad aumentare la riduzione
delle popolazioni accelerandone gli effetti. Si tratta di un’azione molto teorica non
esistendo ad oggi, contraccettivi somministrabili per via orale, pertanto gli animali
andrebbero catturati, vaccinati e liberati. Inoltre in Italia tali contraccettivi non sono
stati ancora approvati dalle autorità sanitarie. Rimarrebbe poi il problema dei danni
visto che i cinghiali liberati continuerebbero ad impattare sulle attività agricole, sugli
ecosistemi e a causare sinistri stradali. Né tantomeno è pensabile avere recinti
immensi per liberare i cinghiali e se così fosse, una volta catturati non ci sarebbe
bisogno della sterilizzazione. Una sterilizzazione efficace prevede il trattamento per
almeno il 40% della popolazione e l’abbattimento del restante 60% per dimezzare i
tempi di riduzione della popolazione. Ciò significherebbe per la Campania catturare
migliaia di cinghiali l’anno con costi non sostenibili. Infine non è da trascurare perché
poco conosciuto l’effetto degli animali trattati sulle catene alimentari sia per altre
specie, il lupo in primis, ma anche per l’uomo come consumatore di carne di
altissima qualità e prodotta nei nostri boschi a chilometro zero.
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17 - Perché non catturarli e spostarli altrove?
La cattura di un numero considerevole di animali in territori ampi richiede risorse
umane ed economiche che difficilmente possono essere sostenibili. Allo stesso
tempo non ha senso catturare i cinghiali per inserirli in recinti per allevarli a scopo
alimentare sia per i costi, sia per l’impatto negativo nell’area di allevamento, per
potenziali problematiche sanitarie, ma anche per una differente qualità delle carni
tra capi allevati e capi selvatici.
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18 - È vero che la caccia fa aumentare i cinghiali?
Le popolazioni di cinghiali sono regolate soprattutto dalla disponibilità di fonti
trofiche. La forma principale di caccia del cinghiale in Italia è la braccata, praticata
da squadre per tre mesi l’anno. Questa forma di caccia, specie se male pianificata o
praticata, può avere un impatto negativo sulle popolazioni di cinghiale. Le forme di
gestione più moderne dovrebbero combinare la braccata con la caccia di selezione
per equilibrare la struttura di popolazione. Diventa perciò fondamentale la
pianificazione corretta delle aree, la formazione dei cacciatori e la conoscenza delle
dinamiche di popolazione, nonché le informazioni quanti-qualitative del prelievo e
dello sforzo. Potremmo dire che la cattiva caccia aiuta il cinghiale.
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19 - Si può mangiare la carne di cinghiale?
La carne di cinghiale selvatico è molto magra, poco calorica e molto ricca di ferro. Se
prelevato in un ambiente naturale e trattato in modo adeguato ha valori nutrizionali
unici e non ha gli impatti negativi degli allevamenti. In pratica si tratta di un vero
alimento biologico e a chilometro zero. La qualità della carne soprattutto i valori
degli acidi grassi saturi e polinsaturi e il rapporto tra Omega 3 e Omega 6 cambiano
in negativo tra cinghiale selvatico o allevato anche in condizioni semibrade.
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20 - Un cacciatore può vendere la carne di cinghiale?
La fauna selvatica abbattuta durante l'esercizio venatorio nel rispetto delle
disposizioni della presente legge appartiene a colui che l'ha cacciata (L.N. 157/92). I
cacciatori possono utilizzare il capo prelevato per autoconsumo oppure possono
cedere nell’arco di un anno, un solo capo di grossa taglia, mentre non vi sono vincoli
numerici se conferiscono l’animale ad un Centro di Lavorazione della Selvaggina
(C.L.S.) autorizzato. In ogni caso esistono degli obblighi sanitari e procedurali e
soprattutto delle buone pratiche igieniche che garantiscono la salubrità della carne.
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21 - I cinghiali sono portatori di malattie?
Il cinghiale al pari di altri animali selvatici può fungere da ospite o portatore di
differenti malattie alcune delle quali possono essere zoonosi, cioè trasmissibili
all’uomo, tra le quali la tubercolosi, la brucellosi, l’Epatite E e la Trichinella.
La Regione Campania attraverso l’UOD Prevenzione e Sanità Pubblica Veterinaria, in
collaborazione con all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale per il Mezzogiorno, il
Dipartimento di Medicina veterinaria e Produzioni animali ed il CeRVEnE (Centro
Regionale di Riferimento Veterinario per le emergenze non epidemiche), provvede
al monitoraggio delle patologie su tutto il territorio regionale.
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22 - La loro carne è sana?
Tutti i cinghiali abbattuti regolarmente in Campania (unica regione in Italia) sono
sottoposti a controllo sanitario sulle principali patologie alcune delle quali
trasmissibili anche all’uomo. La Regione fornisce l’assistenza di un veterinario
formato a tutte le squadre di caccia e a tutti i cacciatori di selezione che provvede al
prelievo di campioni biologici sui capi abbattuti e a consegnare all’Istituto
Zooprofilattico Sperimentale per il Mezzogiorno per le dovute analisi. I cacciatori
entro 24-36 ore hanno l’esito delle analisi in maniera del tutto gratuita.
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23 - Si può cacciare nei Parchi?
No, la caccia nei Parchi e nelle aree protette non è consentita. Discorso diverso per
il controllo che può essere autorizzato “prelievi faunistici ed eventuali abbattimenti
selettivi, necessari per ricomporre squilibri ecologici accertati dall'Ente parco” (L.N.
394/91), tanto che attualmente circa 3 parchi nazionali su 4 e diverse decine di
Parchi Regionali in Italia attuano la gestione del cinghiale nel proprio territorio.
Prelievi e abbattimenti devono avvenire per iniziativa e sotto la diretta
responsabilità e sorveglianza dell'Ente parco ed essere attuati dal personale
dell'Ente parco o da persone all'uopo espressamente autorizzate dall'Ente parco
stesso.
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24 - Come comportarsi nel caso si incontri un cinghiale?
Il cinghiale non è una specie aggressiva per l’uomo, anzi in caso di incontri l’animale
scappa. Esistono però condizioni particolari nella quale il cinghiale si sente
minacciato, è ferito o ha i piccoli nel quale può reagire attaccando anche l’uomo.
Questa situazione può essere ancora più pericolosa se le persone sono
accompagnate da cani, specie non al guinzaglio. Nel caso di incontri è fondamentale
mantenere la calma, non posizionarsi sulla via di fuga dell’animale o tra la madre ed
i piccoli, se possibile, trovare rifugio dietro un albero, ma soprattutto come spesso
accade, la presenza del cinghiale si percepisce molto prima di incontrarlo in tal caso
basta fare rumore e mantenersi a distanza senza innervosirlo.
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25 - Come si interviene per animali che frequentano le aree urbane?
Esiste un protocollo per la cattura ed il trasferimento in aree idonee dei cinghiali che frequentano abitualmente aree urbane creando un allarme
sociale o un potenziale pericolo per l’incolumità pubblica. Personale specializzato della Regione coordinato dal CRIUV interviene su richiesta
degli Enti locali con trappole o telenarcosi, con il rispetto della normativa vigente e del benessere degli animali.
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